Corte cost. tedesca: a rischio il Recovery plan per l’intera UE?

Corte cost. tedesca: a rischio il Recovery plan per l’intera UE?

1. Lo schema è sempre lo stesso, tanto da apparire la replica di quanto accaduto già in occasione del PSPP Public Sector Purchase Programme, Programma di Acquisto del Settore Pubblico, altrimenti noto come quantitative easing – QE, e cioè del programma straordinario di intervento finanziario della BCE -Banca Centrale Europea (https://www.centrostudilivatino.it/dalla-pronuncia-della-corte-costituzionale-tedesca-finis-europae/), ed ancor prima, dei meccanismi di salvataggio durante le crisi finanziarie degli anni Dieci e per gli acquisti dei titoli di Stato da parte della BCE presieduta da Mario Draghi, durante l’eurocrisi del debito sovrano nel 2011 e seguenti.

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Elezioni ANM a “correnti” alternate

Elezioni ANM a “correnti” alternate

1. Se l’attualità e la consistenza dei problemi fossero commisurabili al loro rilievo mediatico, il c.d. “caso Palamara” sarebbe da ritenere chiuso con la sanzione inflittagli dalla sezione disciplinare del CSM. E invece, benché quotidiani e tg non ne parlino più, la vicenda mantiene intatta i suoi profili critici, ben oltre la persona dell’ex presidente dell’ANM. Sarebbe sufficiente considerare le seguenti circostanze, in larga parte già sottolineate dal Centro studi Livatino, durante l’ultimo convegno nazionale, tenuto il 29 novembre 2019[1]:

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Quando la libertà passa da una torta nuziale

Quando la libertà passa da una torta nuziale

Una importante sentenza resa oggi dalla Corte di ultima istanza UK

di Francesco Cavallo – Avvocato in Lecce, Visiting Fellow Fordham University School of Law NY e Dottore di ricerca di Diritto Costituzionale comparato presso l’Università del Salento

Dopo la Corte Suprema Americana (https://www.centrostudilivatino.it/liberta-anche-per-jack-il-pasticciere/), anche la Corte di ultima istanza del Regno Unito, con la sentenza Lee v Ashers Baking Company Ltd and others [2018] UKSC 49 (qui il testo integrale https://www.supremecourt.uk/cases/docs/uksc-2017-0020-judgment.pdf), ribadisce oggi, 10 ottobre, il principio secondo cui nessuno può costringere un prestatore d’opera a celebrare eventi o a esprimere messaggi contro la sua fede e/o contro le sue personale convinzioni. La vicenda, anche stavolta, (altro…)

UK: dopo Alfie i giudici uccidono anche la famiglia?

UK: dopo Alfie i giudici uccidono anche la famiglia?

di Aldo Rocco Vitale

Lo scorso 30 maggio 2018, presso l’Università di Liverpool Sir James Munby, President of the family Division of the High Court and Head family justice for England and Wales, ha dichiarato non soltanto che è oramai finita l’epoca della famiglia classicamente intesa, ma altresì che tale fine è da accogliere positivamente e applaudire.[1]

Sir Munby ritiene, infatti, che bisogna accettare il fatto che in Inghilterra la famiglia assume oramai una varietà infinita di forme poiché vi sono matrimoni tra persone di fede non cristiana, persone che vivono insieme come coppie sposate o non sposate con altre persone dello stesso o di diverso sesso, bambini allevati da uno, due o anche tre genitori, sposati o non sposati che possono essere e non essere i loro genitori naturali, bambini con genitori di diversa fede, etnia o nazionalità, bambini di relazioni poligame, bambini allevati da genitori dello stesso sesso, concepiti tramite inseminazione artificiale con donatore di gameti o risultato degli accordi di maternità surrogata.

Tutto ciò, secondo il vertice della giurisdizione del diritto di famiglia inglese, deve essere visto di buon grado poiché, come già detto, segna il passaggio dalla fine dell’era della famiglia tradizionale all’era di una nuova concezione della famiglia.

Ovviamente, aggiunge, Sir James Munby, anche il diritto di famiglia deve necessariamente adeguarsi alle novità introdotte a livello sociale poiché, secondo tale visione, il diritto deve adattarsi alla realtà e con esso il ruolo dei giuristi come legislatori e giudici.

A corredo della notizia, fornita lo scorso 1 giugno dal quotidiano “The Telegraph”, vengono peraltro forniti due significativi grafici sull’andamento generale della legalizzazione delle unioni civili prima e dei matrimoni tra persone del medesimo sesso poi, e sui numeri (percentuali, andamento, costi, fasce di età prevalenti ecc ) dei divorzi in genere, la cui contrazione è  strettamente interconnessa alla parallela diminuzione dei matrimoni che oramai da anni si registra.

 

table on same sex marriage

 

table on divorces

 

Dall’analisi, seppur estremamente sintetica, di un simile scenario non possono che trarsi alcune riflessioni di carattere logico, giuridico ed etico.

Sul piano puramente logico si impongono tre considerazioni.

In primo luogo: se la famiglia è sostanzialmente morta, come trionfalmente annuncia Sir James Munby, non si comprende quale sia il motivo per cui debba ancora esistere il diritto di famiglia con le relative procedure, regole, e corti ad esso specificamente dedicate.

In secondo luogo: ritenere che tutto debba essere considerato famiglia poiché oramai non esiste e non può esistere una univoca concezione di famiglia, significa non soltanto che se tutto, cioè qualsiasi tipo di unione, è famiglia, nulla, cioè qualunque tipo di unione, è realmente famiglia, ma anche e soprattutto che se un tale paradigma fosse davvero applicabile anche ad altri ambiti del diritto l’intero ordinamento crollerebbe su se stesso.

Cosa accadrebbe, infatti, se una simile logica si dovesse ritenere applicabile da parte di certuni, per esempio, all’ambito penalistico? Perché punire il furto se molti rubano dimostrando di possedere una concezione “fluida” del diritto di proprietà? E se i furti fossero in aumento, dimostrando la crescente diffusione della prassi criminale a livello sociale, perché ostinarsi a punirli invece di accettare il fatto che oramai non possono più essere perseguiti in virtù di una accresciuta dinamica sociale in cui la proprietà non può più essere intesa e tutelata nel modo classico e tradizionale?

La fluidità della ratio giuridica e della natura degli istituti non è forse la causa diretta dell’attuale crisi generale del diritto che sta attraversando l’intera civiltà occidentale?

In terzo luogo: tra le righe del ragionamento di Sir James Munby, che pur fedelmente descrive la realtà, si intuisce, senza neanche eccessivi sforzi ermeneutici, che vi è un rapporto di proporzionalità diretta tra la diffusione di certe pratiche a livello sociale – come per esempio l’inseminazione artificiale eterologa o l’utero in affitto – e la desuetudine dell’istituto giuridico della famiglia naturale monogamica, a dimostrazione che i timori di coloro i quali hanno sempre denunciato i rischi di distruzione della famiglia in seguito alla legalizzazione di certe dinamiche sociali – come per esempio le unioni tra persone dello stesso sesso o quelle poligamiche – erano e sono più che reali e fondati.

Resta da comprendere, tuttavia, se la fine della famiglia sia un effetto naturale o artificiale, nel senso per cui occorre comprendere ancora se tali esiti si sono prodotti spontaneamente o se, invece, come sembra, siano stati espressamente provocati incoraggiando la diffusione delle predette pratiche d ingegneria sociale allo scopo precipuo di causare la fine della famiglia tradizionalmente intesa.

Sul piano giuridico, invece, si impongono due riflessioni.

In primo luogo: se il diritto in genere e il diritto di famiglia in particolare devono semplicemente limitarsi a recepire ciò che accade a livello sociale, proprio in virtù della complessità valoriale che nella società si registra, perché continuare a limitare altre pratiche pur altrettanto diffuse come, per esempio, la cosiddetta “unione intergenerazionale” (altrimenti nota come pedofilia), o anche la necrofilia o la zoofilia.

Del resto, proprio in quest’ottica, la sezione giovanile del partito liberale svedese ha recentemente chiesto la legalizzazione della necrofilia e dell’incesto come riportato dal quotidiano “The Independent” già nel febbraio 2016 (https://www.independent.co.uk/news/world/europe/incest-and-necrophilia-should-be-legal-youth-swedish-liberal-peoples-party-a6891476.html).

In secondo luogo: se si accetta il principio per cui il diritto altro non dev’essere che la mera formalizzazione ope legis aut ope judicis delle diverse istanze sociali che di volta in volta si vengono a determinare nel corso del tempo, si rischia di accettare altresì una prospettiva a-contenutistica e formalistica del diritto medesimo, prospettiva che conduce direttamente a pericolose derive già storicamente accertate, come, per esempio, nel caso delle cosiddette “leggi di Norimberga”.

In un simile scenario si estrinseca, dunque, il paradosso per cui vengono giuridificate pratiche che sussistono nonostante la propria costitutiva e virulenta carica anti-giuridista; il diritto, infatti, viene travolto e stravolto nella sua sostanza e fin’anche nella sua funzione paideutica, cioè quella funzione per cui non tutto ciò che si ritiene possa essere fatto può realmente essere fatto in quanto, talvolta, il diritto può e deve dire no, altrimenti inverandosi il monito di Albert Camus secondo cui «dire di sì a tutto implica che si dica sì all’omicidio».

Infine vengono in rilievo due appunti di carattere etico.

In primo luogo: accettare, come da più parti si auspica che si accetti in quanto ampiamente diffuso, il ragionamento di Sir James Munby, significa capovolgere ogni dimensione etica, poiché si transita dall’etos della normatività alla normatività dell’etos, cioè, detto in parole povere, dall’idea che esistano un bene e un male, un giusto e un ingiusto a cui la coscienza e l’azione umana devono conformarsi, all’idea che il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, ritenuti in se stessi non esistenti, siano soltanto il prodotto della umana volontà.

Il problema non è secondario né trascurabile, perché segna il passaggio dal principio della libertà al principio dell’arbitrio assoluto, dall’etica della responsabilità all’etica del desiderio, dall’etica della comunità all’etica dell’individualismo, cioè, in definitiva, dall’etica della relazionalità all’etica dell’egoismo.

In secondo luogo: se l’istituto giuridico della famiglia è oramai estinto, occorre prendere atto anche delle conseguenze che da ciò discendono, cioè non soltanto della coeva fine della tradizione giuridica occidentale, ma anche della pensabilità stessa del legame politico che, onto-logicamente, sulla famiglia si costituisce.

Non a caso, sembra opportuno ricordare, la Costituzione italiana, per esempio, riconosce la famiglia come entità naturale pre-esistente all’ordinamento repubblicano dando testimonianza non soltanto della immodificabilità della struttura della famiglia secondo i modelli artificiali che oggi si vogliono affermare, ma anche che del legame socio-politico e giuridico italiano che sulla famiglia naturale esplicitamente si fonda.

In conclusione, la situazione grottesca in cui ci si trova e di cui tanto si compiace Sir James Munby, fa inevitabilmente sorgere i seguenti quesiti: se nel XX secolo la politica – così tanto dominata dagli influssi delle ideologie novecentesche – ha sottomesso e annientato il senso del diritto, non si rischia oggi, nel XXI secolo, di assistere al percorso inverso in cui il diritto – dominato da correnti ideologiche altrettanto pericolose – osa forse sottomettere e annientare il senso della politica cominciando proprio dalla tentazione di dichiarare morta la famiglia che ne è il presupposto? Si è ancora in tempo per invertire una simile tendenza o il tutto è oramai inevitabile?

La civiltà occidentale in genere e quella europea in particolare sono pronte a subire le nefaste conseguenze politiche, giuridiche ed etiche che da tutto ciò discenderanno?

[1] Il testo della relazione è reperibile presso il seguente sito internet: https://www.judiciary.uk/wp-content/uploads/2018/05/speech-by-pfd-what-is-family-law.pdf

Una buona sentenza, perché fondata sulla libertà della coscienza di fronte allo Stato.

Una buona sentenza, perché fondata sulla libertà della coscienza di fronte allo Stato.

Pubblichiamo, in esclusiva per questo sito, un commento più articolato sulla sentenza della Corte Suprema USA riguardante Jack il pasticciere, della quale avevamo dato notizia ieri con un sintetico riferimento al suo contenuto. L’Autore, Marco Respinti, è da decenni conoscitore attento della culture e del mondo statunitensi. A lui si devono saggi e traduzioni importanti, a cominciare dalle opere più significative di Russell Kirk.  (altro…)

Libertà anche per Jack il pasticciere

Libertà anche per Jack il pasticciere

Nel 2012 due uomini entrarono in una pasticceria di Denver, in Colorado, chiedendo a Jack, il pasticciere, di realizzare una torta personalizzata per celebrare il loro matrimonio same sex. Il pasticcere, confessata la propria fede cristiana e la convinzione che il matrimonio sia solo quello tra un uomo e una donna, declinò educatamente, spiegando di non essere disposto a usare i suoi talenti artistici per celebrare ogni evento o esprimere qualunque messaggio, e offrì ogni altro prodotto del negozio.  (altro…)

Caso Alfie Evans: tutti i testi integrali dei provvedimenti giudiziari

Caso Alfie Evans: tutti i testi integrali dei provvedimenti giudiziari

Pubblichiamo l’intera documentazione relativa ai provvedimenti giudiziari pronunciati dai giudici inglesi sulla vicenda del piccolo Alfie (cliccare sui singoli titoli per visualizzare i vari documenti).

2018.02.20 – Alder Hey Children’s NHS Foundation Trust v Evans & Anor [2018] EWHC 308 (Fam)
2018.03.06 – E (A Child), Re [2018] EWCA Civ 550
2018.03.20 – Supreme Court United Kingdom, In the matter of Alfie Evans, Appeal Refused
2018.03.28 – Evans v. the United Kingdom – 14238_18 (inadmissible) [2018] ECHR 297
2018.04.11 – Alder Hey Children’s NHS Foundation Trust v Evans & Ors [2018] EWHC 818 (Fam)
2018.04.16 – Evans & Anor v Alder Hey Children’s NHS Foundation Trust & Ors [2018] EWCA Civ 805
2018.04.24 – Alder Hey Children’s NHS Foundation Trust v Evans & Anor [2018] EWHC 953 (Fam)

La Corte Suprema: “Alfie resta qui”

La Corte Suprema: “Alfie resta qui”

Articolo di Anna Gentile pubblicato su Il Tempo il 26 aprile 2018

Non c’è modo di far cambiare idea ai giudici inglesi. L’ennesimo ricorso dei genitori del piccolo Alfie è stato respinto. Il bambino non potrà essere trasferito all’ospedale Bambino Gesù. Tom Evans e Kate James, i genitori del bimbo di 23 mesi affetto da una malattia neuro degenerativa e al quale l’Italia aveva concesso la cittadinanza (altro…)

Alfie, il Regno Unito e il “rovescio del diritto”… mentre la Colombia afferma il “diritto alla vita” degli alberi amazzonici

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La sentenza della Corte Suprema del Regno Unito del 20 aprile 2018 che ha respinto il ricorso presentato avverso la decisione della Corte d’Appello inglese in ordine al caso di Alfie Evans, merita di essere richiamata nei suoi passaggi fondamentali, non tanto o non solo per i (presunti) principi di diritto affermati, quanto per le modalità espressive utilizzate, le argomentazioni scarne e assertive, il “tono” rivelatore di un nemmeno malcelato fastidio per l’intralcio al percorso eutanasico avviato sotto copertura legale. (altro…)